Ieri la ranocchietta ha compiuto un mese. Abbiamo festeggiato con un pellegrinaggio tra nonni e bisnonni e due torte. E’ allucinante quanto stia crescendo in fretta, probabilmente si prepara a battere ogni record dato che ha guadagnato ben un chilo e cento in tre settimane. D’altra parte è facile spiegarsene il motivo, considerando che il suo sport preferito è mangiare. Per fortuna ho latte in quantità industriale perché se avessimo dovuto sfamarla con l’artificiale probabilmente avremmo entrambi dovuto vendere un rene per riuscire ad acquistarne le dosi necessarie.
Questa crescita esponenziale non si misura solo sulla bilancia, ma nei progressi che Adele fa minuto per minuto. A 30 giorni è in grado di seguire con gli occhi le persone, riconoscere voci e odori, sorridere (anche se per il momento non sono sorrisi che rispondono ad un vero stimolo), e quando lo fa ti squaglia. Ieri ha anche prodotto le prime lacrime. Non sapevo infatti che i neonati non possedessero i dotti lacrimali sviluppati e che non sbattessero le palpebre come gli adulti, i primi tempi mi sembrava assurdo vederla con lo sguardo fisso.
Si è abituata ad essere cambiata, i primi giorni piangeva a dirotto, ora invece il fasciatoio la calma, evidentemente non le piace sentire il pannolino sporco. L’acqua calda la stimola, il lavandino è il suo posto preferito per lasciare ricordini, sopratutto se a lavarla è il babbone. Ha una forza paurosa, quando ti prende un dito lo stringe davvero. Riesce già a sollevare la testa quando l’appoggio sulla pancia, mi fa morire dal ridere quando si tira su e mi guarda con quella sua espressione tartarugosa.
Ovviamente le stiamo scattando milioni di foto, ma non ho ancora deciso se renderle pubbliche o meno. Per ora sto valutando i due diversi punti di vista (qui e qui due post a confronto sul tema).
Le soddisfazioni sono enormi, ma lo è anche la fatica. Non posso infatti non parlare anche della parte negativa di questi primi trenta giorni. Per una neomamma, e soprattutto per una neomamma che allatta, il primo mese è estenuante. Il corpo deve assestarsi, e lo fa con una variegata serie di dolori, da quelli dei punti di sutura alle contrazioni uterine, da quello al seno agli sbalzi umorali. In tutto questo c’è però una persona che dipende completamente da te, e da te soltanto per quel che riguarda il suo sostentamento, e fagocita ogni istante del tuo tempo. Tempo che per te, e per il tuo recupero post parto, diventa inesistente. Riuscire a farsi una doccia è un vero miraggio, spesso ti trascini a sera senza nemmeno essere riuscita a togliere il pigiama (per scrivere questo post impiegherò probabilmente un intero giorno, ed è per lo stesso motivo che non ho dato prima aggiornamenti sul blog).
Per non parlare del riposo. Dormire è una parola che quasi cessa di esistere dal tuo vocabolario, sostituita da svenire, almeno per quel misero paio d’ore che il bimbo, forse, ti concede. La casa potrebbe tranquillamente partecipare a uno di quei programmi americani, in pieno stile appartamenti da incubo. I pasti sono un concetto astratto, strettamente dipendente dalle scorte in freezer e dal cibo a domicilio che qualche anima pia ti ha consegnato.
E’ chiaro che tutto dipende anche dal tipo di aiuto che puoi ricevere, notti a parte, che restano tuo esclusivo appannaggio. Nel mio caso io e la ranocchietta siamo state sole da subito, perché il neopapà non poteva prendere permessi dal lavoro e tutti i vari nonni si sono ammalati. Non è stato facile, ci sono stati attimi di puro panico, momenti di sconforto assoluto, istanti in cui riuscivo solo a pensare “non ce la faccio” e volevo scappare via da tutto. Alcune volte è ancora così. Pian piano però le giornate migliorano. Non perchè si creino ritmi definiti, tra gli scatti di crescita vari ogni giorno è diverso dal precedente e non è possibile ancora instaurare una routine quotidiana, ma perchè la tua forza di volontà aumenta, così come la forza fisica. Riesci così a ritagliarti qualche momento, fai piccole conquiste, come uscire in macchina con il pargolo o andare al volo a far la spesa tra una poppata e l’altra.
Trascorrere sola le giornate, se da una parte è stato sfibrante fisicamente, dall’altra è stato forse più semplice dal punto di vista morale. La parte più difficile da affrontare, almeno per me, è infatti nel rapporto con gli altri. Non sono abituata a chiedere aiuto, ho sempre preferito cavarmela da sola, non mi piace non essere autosufficiente, e anche quando sono costretta ad appoggiarmi a qualcuno non riesco a vivere serenamente la situazione. Per questo tendo a rispondere sempre no alla domanda “posso fare qualcosa?”, anche quando in realtà di cose da fare ce ne sarebbero tante. Che soddisfazione però riuscire a cavarsela! Ingegnarsi e trovare la soluzione ad ogni problema. Resterà a imperitura memoria l’epico momento in cui l’ho allattata in bagno mentre ero preda del virus gastrointestinale -già, ovviamente per non farmi mancare niente, nel primo mese mi sono presa un virus.
Nella mia nuova condizione di mamma, ad aumentare questa misantropia relativa (non è assoluta perché in realtà la vita sociale mi piace, se riesco ad equilibrarla ai miei necessari momenti di solitudine) si aggiunge la difficoltà di accettare il fatto che anche le altre persone vogliono interagire con lei. Ogni volta che qualcuno la prende in braccio, fatte salve pochissime eccezioni tra cui ovviamente il suo papà, devo fingere contentezza e compiacenza, quando in realtà ciò che vorrei urlare è “no, non la puoi tenere, ridammela subito!”. Credo e spero sia solo una fase, non sarebbe divertente vivere volendo sbranare ogni essere umano che le si avvicina…
E non parliamo poi delle domande ovvie. Già in gravidanza la fiera delle banalità era all’ordine del giorno, ora che Adele è arrivata siamo al festival internazionale. La più gettonata è naturalmente “dorme?”, come se i miei pestoni sotto gli occhi e la mia aria da zombie non fossero già la risposta più palese. Seguita a ruota dal, e qui vi giuro che è dura trattenermi dal commettere omicidi, “ma come non dorme? se tutte le volte che la vedo io è così buona”, o ancora meglio “vedi? in braccio a me dorme benissimo!” (grazie al c…., l’ho appena messa ko con un’ora di poppata). In quei momenti spero con tutta me stessa che la ranocchietta si esibisca in un potente getto di vomito, verniciando il simpaticone di turno. Per loro fortuna però Adele non è incline al rigurgito, in tutto il mese è successo solo due volte, e spero che si mantenga così. Suppongo sia perché il latte le piace troppo per sprecarne anche solo qualche goccia. Mi scuso se mai ho fatto certe domande idiote anche io alle neomamme, da ignorante in materia non sapevo quanto fastidio potessero dare, di sicuro ora non lo farò più…
E poi ovviamente ci sono i milioni di consigli, che non solo non sono richiesti, ma cozzano con ciò che i pediatri e le ostetriche ci hanno suggerito di fare. E quindi via di risposte politically correct sul genere “sì, sta mangiando di nuovo”, anche se dentro di me sto pensando (“quale parte del concetto a richiesta non ti è chiara? e poi prova a staccarla se non ti importa dei tuoi timpani”).
I primi tempi di un bimbo mettono anche a dura prova la vita di coppia. La stanchezza e lo stress, uniti alla tempesta ormonale, sono nemici mortali dell’affiatamento. L’importante è non farsi sopraffare, tenendo sempre a mente che anche se arriverà un litigio più pesante del solito, prima di essere in tre, ci siete tu e Lui, e che le difficoltà passeranno, ma voi due resterete.
Forse leggendo questo post ci si può chiedere se io sia, a conti fatti, davvero felice di essere diventata mamma. La risposta è sì, assolutamente, incommensurabilmente sì. Volevo solo raccontare anche l’altro lato della medaglia, per completezza, ma resta l’incontrovertibile certezza che questa è una medaglia d’oro, e che noi l’abbiamo stravinta.
Mi hai fatto commuovere con questo post. La mia piccola Anna sta per nascere (dpp 17 novembre!) e sono certa che le emozioni e la gestione della “nuova quotidianità” prenderanno il sopravvento immediatamente, come ben descrivi tu. L’importante è pensare che anche questo primo periodo ha una fine e non sarà così in eterno…capisco bene quando dici che ti è difficile chiedere aiuto. Un abbraccio forte a te e a tutta la tua splendida nuova famiglia.
Grazie, e un in bocca al lupo enorme a te e alla piccoletta!
Mi ritrovo un sacco nelle tue parole! Oggi la piccola Gaia compie 14 giorni e….sono arrivata a sera in pigiama, i surgelati sono i miei migliori amici così come i sughi congelati delle nonne, la mia casa non ha più cm di spazio libero e il concetto di sonno è totalmente cambiato (svenire rende perfettamente l’idea…mi è capitato di farlo anche sul piatto!). Sono consapevole che presto andrà meglio, e sono anche stupita della carica che ogni giorno la piccola mi dà!