Negli ultimi mesi il mio cellulare vibra continuamente, sono i messaggi WhatsApp dei gruppi di neomamme. Gli argomenti variano dai pannolini, ai diversi tipi di irritazioni, dalle cacche ai controlli pediatrici ai vaccini e chi più ne ha più ne metta. Due sono però i più gettonati in assoluto: le ore di sonno notturne (tutte le mattine gli aggiornamenti su chi ha avuto la notte più devastante) e l’allattamento, vera spina nel fianco di tutte le puerpere.
Nei corsi preparto ostetriche e pediatri ti bombardano con il messaggio “devi assolutamente allattare”, e quindi il domandone che regna sovrano nell’ultimo periodo di gravidansia è “avrò il latte?”. I medici sostengono che tutte le donne sono naturalmente predisposte per averlo, e che una non montata è dovuta essenzialmente solo allo stress e da uno scorretto attacco del neonato i primi giorni. Io ho cercato di non angosciarmi prima del tempo (incredibile ma vero), e ho aspettato gli eventi, mettendomi già nell’idea che siamo in tanti ad essere cresciuti solo col latte artificiale e senza problemi, quindi in un modo o nell’altro avrei nutrito la ranocchietta.
In sala parto, appena nata, ho subito preso Adele sulla mia pancia, e provato ad attaccarla al seno. Senza grande successo, sembrava avere difficoltà, sul momento però non ho dato troppo peso alla faccenda, in primis perché ero ovviamente in balia degli ormoni e della fatica e poi ho comunque pensato che se non altro stava imparando a riconoscere il mio odore, e che si sarebbe attaccata più tardi.
Poi in camera, nelle ore successive, ho riprovato ma lei non sembrava riuscire ad afferrare il seno, per quanti sforzi facesse. E oltre tutto mi provocava dolore, non che non me lo aspettassi, sapevo che all’avvio l’allattamento può essere difficile, però in quel momento era troppo da sopportare, unito al male post parto. Il giorno dopo poi è stato anche peggio, il mio corpo era completamente indolenzito e io ero esausta perché avevo trascorso due notti in bianco, la prima per il travaglio e la seconda per l’adrenalina in circolo che non mi ha permesso di chiudere occhio. Il dolore della suzione si è quindi amplificato all’inverosimile, cercavo di farmi forza e stringere i denti, ma la sera, in un momento di sconforto, ho pianto, sentendomi totalmente inadeguata. Riuscivo a tenerla attaccata pochissimo, e solo grazie ai paracapezzoli in silicone (per fortuna li avevo acquistati preventivamente sentendo i racconti di altre mamme e dell’ostetrica del corso preparto. Se dovete comprarli vi consiglio quelli della Mam, sono fantastici, e lo stesso per le loro coppette assorbilatte). Ho provato anche ad usare il tiralatte nel nido dell’ospedale, senza successo alcuno, in oltre mezzora ho prodotto solo due gocce di colostro.
La notte, stremata e preoccupata che la piccola non stesse ricevendo nulla, ho implorato la dottoressa di turno di dare ad Adele un po’ di latte artificiale. Siamo così riuscite a riposare un pochino entrambe, anche se io ho comunque dormito ben poco. Il terzo giorno mi hanno dimesso, siamo rientrati in casa alle quattro di pomeriggio, io ho lasciato la ranocchietta al suo papà e mi sono chiusa in camera. Appena toccato il letto mi sono addormentata a piombo, e ho dormito tre ore filate. Avrei probabilmente tirato dritto fino a mattina, ma avevo chiesto di essere svegliata per far mangiare, o provare a far mangiare, lei. Devo dire che il riposo ha aiutato moltissimo, e sono riuscita a tenerla attaccata molto più delle volte precedenti. Di lì è stato un crescendo, in pochi giorni è arrivata la montata e mi sono trasformata in un distributore automatico di latte.
Come consigliato dai pediatri ho sempre allattato a richiesta, quasi a getto continuo, e il risultato è evidente, Adele è cresciuta tantissimo, abbiamo già superato i sette chili e i vestiti taglia sei mesi le stanno già corti, benché ne abbia tre e mezzo. Purtroppo, per la nostre conformazioni fisiche incompatibili, devo continuare ad utilizzare le tettarelle, e dovrò farlo sempre. Se da un lato è un po’ scomodo perché fuoriesce parecchio liquido e devo sempre avere asciugamani e tovaglioli sotto mano, dall’altro non dovrò preoccuparmi delle ragadi.
Dopo un periodo di allattamento senza problemi, fatta salva ovviamente la stanchezza per averla sempre attaccata al seno, giorno e soprattutto notte, una rogna si è presentata all’orizzonte. Una bella infezione ad un seno, dolorosissima, che mi provocava la sensazione di avere mille spilli conficcati. Inizialmente l’avevo curata con Daktarin Gel, sia su di me che per Adele. La sua bocca è guarita abbastanza velocemente, io invece ho passato un mese e mezzo d’inferno. Alla fine solo il cortisone è riuscito a debellarla.
Il giorno in cui inizieremo lo svezzamento probabilmente tirerò un sospirone di sollievo (anche se forse mi mancherà questo contatto così simbiotico), sono comunque molto soddisfatta di aver resistito, e di essere riuscita ad avviare bene l’allattamento, i suoi sorrisi alla fine delle poppate mi ripagano di tutta la stanchezza e del dolore.
Se vi trovate in difficoltà non mollate subito, chiamate il consultorio e chiedete aiuto alle ostetriche, sono davvero in gamba e disponibili, un tentativo con loro, a mio avviso, va fatto.